Conversazione del compagno Umberto Costi, segretario nazionale dei Socialdemocratici, sollecitata dal settimanale “Buonasera Sud” e pubblicata a pagina 2 nel numero del 20 marzo.
Intervista al prof. Umberto Costi. Il segretario nazionale di Socialdemocrazia (SD).
Gli eredi della lezione saragattiana intendono concorrere al necessario processo di ristrutturazione della sinistra italiana, nel dialogo con tutte le forze laiche e del centro riformatore. Abbiamo rivolto alcune domande al segretario nazionale prof. Umberto Costi.
Qual è il suo pensiero in merito alla battaglia che sta conducendo Claudio Signorile verso la concretizzazione del Civismo federativo europeo?
Trovo che Claudio Signorile abbia colto nel segno, in linea con idee e idealità del nostro partito. Il suo è un disegno di ampio respiro, moderno, che guarda decisamente al futuro per una Europa diversa nella forma e nell’organizzazione. Il ridimensionamento del potere dei tecno-burocrati è uno degli argomenti, ma non solo, sul quale bisognerà ragionare. L’obiettivo di una Europa democratica, efficiente e federale, così come, era nei voti di Altiero Spinelli, di Ernesto Rossi, di Alcide De Gasperi, di Carlo Sforza, di Konrad Adenauer, di Giuseppe Saragat, della Socialdemocrazia Europea, non si realizza senza l’adesione convinta dei singoli popoli per svolgere un ruolo nella grande trasformazione geopolitica e negli inquietanti scenari di guerra che si stanno profilando. Occorre collaborazione con partiti, associazioni, movimenti, con omogenea visione politica affinchè si realizzi la Federazione degli Stati europei.
Qualcuno ritiene che il “civismo politico” costituisca la “morte dei partiti”: qual è il suo pensiero a tal proposito?
Dipende, ovviamente, dall’interpretazione che vi si dà. Il termine “civismo” contiene in sé nobiltà di sentimenti verso il prossimo, alto senso del dovere, capacità di sacrificare i propri interessi per l’interesse comune: lo sposare questo termine con “politico” non può né deve trasmutarne il significato. Io non vedo il “civismo” come “morte dei partiti” come da taluni viene interpretato, ma come mezzo che i partiti devono usare nel porre in essere la loro azione e come fine da raggiungere attraverso il proprio operato. I partiti devono essere portatori di valori, identità, linee programmatiche e finalità di interesse pubblico; devono svolgere anche il ruolo di vigilare su questioni fondamentali relative alla gestione dello Stato e della Società civile e svolgere il ruolo di trait d’union tra la gente e chi deve governare un paese. Oggi, purtroppo, tutto ciò, dopo la fine della cosiddetta “Prima Repubblica” è stato surclassato da un nuovo modo di fare politica cioè dalla politica “contro”: nessuna elaborazione ideale, nessuna progettualità, nessun contatto con la gente, ma solo sigle l’un contro l’altra armate e molto troppo populismo. Inoltre la spasmodica ricerca dell’effimero migliore è mancanza di rispetto e considerazione verso le persone.
Claudio Signorile sostiene che “Il nuovo sistema politico si ricostruisce con il civismo federativo. Civismo, perché nei valori civici la comunità trova il senso concreto della democrazia governante, definisce i suoi interessi, non li fa condizionare da scelte ideologizzate e da convenienze di parte”. Da quello che finora lei ha detto dovrebbe trovarsi d’accordo, o no?
In linea di massima sì (su “scelte ideologizzate” ci sarebbe molto da discutere), purché questo concetto non implichi un sillogismo che porti all’eliminazione dei partiti, magari sostituendo questi con l’associazionismo puro e semplice: cui prodest? Cambierebbe solo il fatto che ogni compagine sarebbe compattata da interessi squisitamente materiali del fare e dell’avere, non accompagnata da valori ideali. Ma Signorile non ha mai parlato di superamento dei partiti semmai della loro debolezza nell’interpretare i bisogni reali, concreti delle persone. Su questo siamo in perfetta sintonia. E’ di chiara evidenza infatti che i partiti hanno perso il contatto con il popolo, con le realtà territoriali, con le loro esigenze e la disaffezione verso il voto è il sintomo più evidente, perché la gente non si sente rappresentata anche in conseguenza di una pessima legge elettorale. Mi consenta di ricordare due grandi socialisti, Andrea Costa e Giacomo Matteotti, che posero proprio i territori e i comuni al centro della loro azione politica coltivando un rapporto personale con i cittadini del Polesine e dell’Emilia Romagna. In questo senso il civismo ha radice profonde nella storia del socialismo italiano di cui peraltro in tempi più recenti Signorile è stato grande protagonista.