Intervento del segretario nazionale Umberto Costi in merito ai risultati dei cinque referendum per la giustizia giusta, paralizzati dal mancato raggiungimento del quorum.
Mi risulta difficile non concordare con Irene Testa, tesoriera del Partito Radicale, quando afferma che «mai c’era stato un silenzio così assordante come quello che c’è stato su questi referendum». In realtà, erano mesi che si percepiva il totale disinteresse delle televisioni pubbliche e private, dei giornali stampati e online, nonché degli stessi partiti. Noi denunciammo l’assenza dal dibattito politico dei temi referendari, l’ultima volta il 25 maggio, scomodando persino Luigi Einaudi: «conoscere per deliberare». I motivi della scarsa affluenza sono molteplici però, e non si possono attribuire soltanto alla carenza d’informazione. Mettiamoci l’infelice scelta della data del 12 giugno, a scuole chiuse, con molte famiglie in vacanza. Anche in passato si è votato nello stesso periodo, ma a scuole ancora aperte. Mettiamoci pure la difficoltà a comprendere i quesiti referendari (io, personalmente, li avrò letti una quindicina di volte).
Però, cari compagni, queste spiegazioni, seppure veritiere, non possono essere bastanti a spiegare dati così impietosi sull’affluenza. E allora noi Socialdemocratici, a cui non sfugge il malcontento verso la classe politica, così come la sfiducia verso le istituzioni, eccezion fatta per il Presidente della Repubblica e l’Arma dei Carabinieri, dobbiamo senza se e senza ma contribuire a riportare nel paese un clima di fiducia tra cittadini, nonché tra questi e le istituzioni. Perché vedo segni di scollamento anche morale, nella nostra società, davvero deprimenti e preoccupanti (si prendano ad esempio i programmi televisivi di intrattenimento e le volgarità diffuse). Gli italiani si stanno rassegnando alle disfunzioni della pubblica amministrazione, reagendo tuttavia nel peggiore dei modi: attraverso il non voto. Osservate bene, carissimi compagni, come il calo di chi si reca alle urne sia drammaticamente sconfortante anche per quel che riguarda le elezioni amministrative e quelle politiche. Fenomeno, peraltro, non solo italiano. Si veda la Francia, ad esempio. Quando si dice, o si fa capire, che è meglio non recarsi alle urne, si offende l’istituto referendario e si reca un danno enorme al migliore e ineguagliabile strumento di democrazia diretta! Il referendum del 2 e 3 giugno 1946 ci consenti di scegliere tra Repubblica e Monarchia e quello del 12 e 13 maggio 1974 di non abrogare la legge sul divorzio. Ricordo che all’epoca il nostro slogan era “LIBERI DI RESTARE UNITI”.
«Toute loi que le peuple en personne n’as pas ratifieè , est nulle», diceva Rousseau. Ovviamente oggi le cose non stanno più così. Ai giorni nostri il Parlamento viene eletto democraticamente a suffragio universale e rappresenta la volontà popolare.
Stupisce in questo contesto la posizione del Pd dove le anime democratico-cristiane, molte, e quelle del Pci-Pds-Ds, poche in realtà, conoscono l’importanza e la bellezza del referendum, che letteralmente significa “convocazione per riferire”. Non vogliamo neanche pensare che il Pd, partito autenticamente democratico, indebolisca l’istituto di democrazia diretta per tatticismi politici.
Per noi si deve sempre votare. Per consentirci di esprimerci liberamente, migliaia di partigiani hanno dato la vita.
Ricordiamocelo!
UMBERTO COSTI